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Le Figure Retoriche di Enrico Maddalena

Le Figure Retoriche di Enrico Maddalena

Le figure retoriche nella lingua e nella fotografia: un parallelo possibile.

In origine la fotografia era vista come puro mezzo meccanico in grado di produrre una impronta della realtà, una sua fotocopia. Sappiamo bene invece che la fotografia è un segno che può veicolare significati che vanno oltre il referente. Con la fotografia si possono comunicare concetti, idee, emozioni. Con la fotografia si può raccontare e si può fare della poesia. Non per nulla si parla di “linguaggio“ fotografico. Ma è possibile fare un parallelo con il linguaggio per antonomasia, quello della lingua scritta? Direi proprio di sì. Poiché il campo è assai vasto, ci limiteremo alle figure retoriche.

La retorica è l’arte di parlar bene ed il suo scopo è la persuasione, l’induzione cioè di un assenso psicologico. Si indica col termine figura retorica qualsiasi artificio nel discorso volto a creare un particolare effetto. Le figure retoriche sono davvero molte. Noi ci limiteremo solo ad alcune, dandone la definizione e mostrandone un esempio verbale, tratto dalla letteratura, ed uno fotografico.
Andiamo ad iniziare (ove non diversamente specificato, le foto sono mie):

Ripetizione
È una figura retorica che produce una successione di elementi uguali o solo leggermente variati nella forma, nella funzione sintattica o nel senso.
Esempio:
“Come ti sei permesso? Come hai potuto?”
“Come ti chiami? Qual è il tuo nome?”

Paradosso
(dal greco para “contro” e doxa “opionione”). È una figura retorica che consiste in un’affermazione che appare contraria al buon senso, ma che in realtà si dimostra valida a un’attenta analisi. In letteratura, un’opera che presenti situazioni assurde e incredibili.
Esempio:
“Un silenzio assordante”

Paronomasia
Accostamento di parole che hanno suono simile ma significato diverso usate con l’intento di ottenere particolari effetti fonici.
Esempio:
“Amore amaro”.
“…perchè fuor negletti li nostri voti, e voti in alcun canto…”(Dante, Paradiso, canto III, vv.56/57)

 La prima a sinistra è la foto originale, la seconda l’ho costruita unendo la metà sinistra del volto alla sua immagine speculare, la terza facendo la stessa cosa con la metà destra.

Stessa donna ma immagini diverse – Kulman Vàrhèlyl

Le figure retoriche nella lingua e nella fotografia: un parallelo possibile.

In origine la fotografia era vista come puro mezzo meccanico in grado di produrre una impronta della realtà, una sua fotocopia. Sappiamo bene invece che la fotografia è un segno che può veicolare significati che vanno oltre il referente. Con la fotografia si possono comunicare concetti, idee, emozioni. Con la fotografia si può raccontare e si può fare della poesia. Non per nulla si parla di “linguaggio“ fotografico. Ma è possibile fare un parallelo con il linguaggio per antonomasia, quello della lingua scritta? Direi proprio di sì. Poiché il campo è assai vasto, ci limiteremo alle figure retoriche.

La retorica è l’arte di parlar bene ed il suo scopo è la persuasione, l’induzione cioè di un assenso psicologico. Si indica col termine figura retorica qualsiasi artificio nel discorso volto a creare un particolare effetto. Le figure retoriche sono davvero molte. Noi ci limiteremo solo ad alcune, dandone la definizione e mostrandone un esempio verbale, tratto dalla letteratura, ed uno fotografico.
Andiamo ad iniziare (ove non diversamente specificato, le foto sono mie):

Similitudine
La similitudine (dal latino similitudo, “somiglianza”) è la figura retorica in cui si paragonano persone, animali, cose, sentimenti, immagini, situazioni per associazione di idee; è introdotta da come, sembra, pare, è simile, somiglia, ecc.

Esempio:

“…e caddi come corpo morto cade…”(Dante, Inferno Canto V)
“…Un tappeto di smeraldo sotto al cielo il monte par…”(Carducci, In Carnia, vv.3-4)
“…Come un branco di segugi, dopo aver inseguito invano una lepre, tornano mortificati verso il padrone, co’ musi bassi, e con le code ciondoloni, così, in quella scompigliata notte, tornavano i bravi al palazzotto di don Rodrigo.…”(Manzoni, I promessi sposi, Cap.XI)

Antitesi
L’antitesi (dal greco antìthesis, “contrapposizione”) è una figura retorica che consiste nell’ottenere il rafforzamento di un concetto aggiungendo la negazione del suo contrario (Lavorava di notte, non di giorno) oppure accostando due parole o concetti opposti (temo e spero).

Esempio:
“…Non fronda verde, ma di color fosco; non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti; non rami v’eran, ma stecchi con tosco…”(Dante, Inferno, XIII)
Pace non trovo e non ho da far guerra;e temo e spero; e ardo e sono un ghiaccio;e volo sopra ’l cielo e giaccio in terra;e nulla stringo e tutto ’l mondo abbraccio…”(F. Petrarca, Canzoniere, CXXXIV, vv.1-4)

Preterizione
(dal latino praeterire, “passare oltre”) figura retorica che consiste nel fingere di voler tacere ciò che in realtà si dice.

Esempio:
Non ti dico il calore, l’affetto, la cordialità con cui siamo stati accolti”.

In fotografia le ombre narrano di ciò che non è direttamente visibile perchè fuori campo o altrimenti nascosto

Oltre il lenzuolo – Alessandro Nesler