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Paesaggi di confine di Massimo Agus

Paesaggi di confine, di Massimo Agus

In arte niente è banale, e una vera fotografia di paesaggio è una metafora.

Robert Adams, La bellezza in fotografia

Robert Adams - Mobile Homes - Colorado 1973

Il concetto di confine è cruciale per la comprensione della nostra contemporaneità. Oltre a quelli politici e geografici, ci sono confini che delimitano i concetti di identità e appartenenza, che dividono la sfera naturale da quella artificiale, che delimitano gli spazi del paesaggio. Questi confini tendono sempre più a divenire permeabili e trasparenti, e per questo diventa urgente raccontarli e indagarne le trasformazioni.

Nel paesaggio i confini spesso generano spazi che possiamo definire residuali e marginali. Si tratta di luoghi che non sono totalmente urbanizzati o naturali, sono i limiti che separano le città dalle periferie o dalle campagne, sono luoghi ibridi, senza una chiara identità o una precisa funzione. Sono gli scarti che il mondo urbano produce, generati dall’attività umana e dai suoi percorsi di sviluppo, che restano come presenze silenziose, come aree dismesse, sfruttate per il tempo che serve e poi abbandonate.

Raccontare questi spazi residuali di confine che circondano gli agglomerati urbani dà la possibilità di portare alla luce il senso profondo della nostra società, la sua inquietudine, il suo smarrimento. Indagando questi territori ibridi ed incerti ci si accorge di quanto la loro vuota assenza rappresenti l’emblema stesso del nostro vivere contemporaneo. Questi luoghi di transizione, dove nulla accade e sul quale si posa il silenzio di una condizione di inutilità, si possono trasformare nel racconto dell’assenza, dal quale far nascere storie e riflessioni, intrecci di elementi abbandonati, di rifiuti, di dettagli, di tracce che rimandano al nostro presente o al nostro passato.

Per questo motivo i paesaggi di confine sono terreno fertile per l’immaginazione dei fotografi che li raccontano con sguardi consapevoli, mettendoli in relazione con la complessità del rapporto tra uomo e ambiente. Il margine, il residuo, il confine, proprio per la sua natura ambigua e indeterminata, si fa metafora dei nostri tempi.

Le fotografie che raccontano questi spazi riescono a darci l’immagine dei territori ma anche il senso e il modo con cui l’occhio dell’autore li percepisce e li vive, interrogando se stesso ed il proprio operare, cercando di definire un’identità per sé e per i suoi soggetti. Fotografare presuppone infatti di registrare nell’immagine il legame che si crea tra lo sguardo e lo spazio, dando la possibilità di leggere la disposizione del fotografo verso il soggetto scelto, che inevitabilmente lo attraversa e lo conquista interiormente.

I margini diventano allora il luogo in cui si materializza la questione dell’identità contemporanea, i confini concreti che riguardano lo spazio fisico diventano confini simbolici, capaci di raccontare uno spazio interiore. A sua volta lo sguardo dell’osservatore è chiamato a compiere di fronte a queste immagini un processo di riappropriazione, senza proiettarvi ideali estetizzanti o ideologici. Il paesaggio di confine può venire percepito come qualcosa di lontano e sospeso, ma che si rivela all’immaginazione come un deposito, che raccoglie segni e tracce prodotte dalla società ed assume forme sfuggenti e complesse. Il percorso diventa allora un viaggio metaforico dentro i territori incerti dell’esistenza, che rappresenta aspetti del paesaggio contemporaneo, riconoscendone e rappresentandone la condizione più ampia di instabilità e di spaesamento ci cui esso è portatore.

Massimo Agus, Docente FIAF