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5. La società europea: Sander e Atget , di Cinzia Busi Thompson

5. La società europea: Sander e Atget , di Cinzia Busi Thompson

Se gli ultimi due decenni del 1800 hanno visto uno sviluppo gigantesco della fotografia dal punto di vista tecnologico, il 1900 vede l’inizio della ricerca volta ad individuare le caratteristiche proprie della fotografie. Gli studi fotografici pieni di palme, fontane e stucchi, gli abiti della festa lasciano il posto alla realtà delle strade, ad un’accettazione e comprensione del mezzo. Gli sguardi dei soggetti, da smarriti che erano, acquistano dignità e raccontano con fierezza la loro storia, indipendentemente dal fatto che possa essere triste o allegra. Da procedimento meccanico di riproduzione, la fotografia diventa mezzo di comunicazione e come tale linguaggio in grado di esprimere, attraverso i soggetti, il pensiero dell’autore. É in questo nuovo contesto che operano, attraverso i ritratti, Sander ed, attraverso i “paesaggi”, Atget che, pur provenendo da culture radicalmente differenti, hanno come soggetto l’evoluzione della società. Auguste Sander (1876-1964) nasce in un villaggio vicino a Colonia; la sua famiglia è molto legata alla cultura tradizionale contadina. Mentre egli lavora nelle miniere locali, approda casualmente alla fotografia realizzando ritratti fotografici, senza mai avvalersi del ritocco. Ha modo di perfezionare la sua tecnica durante il servizio militare. Si dedica a fotografie d’architettura, per poi trasferirsi a Dresda dove frequenta l’Accademia delle Belle Arti.

Apre uno studio fotografico a Linz nelle cui vetrine espone ritratti di tipo Pittorealista, ai quali però privilegia quelli “semplici e naturali come quelli che mostrano il soggetto in un ambiente che corrisponde alle loro proprie individualità”, come scrive in un depliant pubblicitario per un altro dei suoi studi. Questo è uno dei principi sui quali basa il grande progetto “Uomo del XX Secolo” che intraprende nel 1910. Negli anni ‘20 Sander frequenta intellettuali ed artisti molti dei quali fanno parte del Nuovo Realismo o Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit) i quali hanno senz’altro influenzato il suo lavoro; d’altra parte è vero anche che il suo lavoro sembra influire su alcuni pittori tedeschi, quali Otto Dix e Edwin Merz, specialmente se si osservano con attenzione le pose frontali e l’illuminazione “piatta” che egli usa. Nel 1929 esce il suo primo libro Antlitz der Zeit (Il volto del tempo) che rappresenta una sorta di introduzione ad un lavoro ben più corposo, che dovrebbe comprendere 540 immagini da pubblicare in 45 portfolio di 12 foto ciascuno. Nell’introduzione di Antlitz der Zeit, lo scrittore Alfred Döblin scrive: “Abbiamo davanti una sorta di storia culturale, o meglio sociologica degli ultimi trenta anni. Come si possa fare sociologia senza scrivere, ma presentando invece immagini, immagini di volti e non per esempio costumi regionali, lo dimostra questo fotografo, con la sua intelligenza, la sua osservazione, la sua scienza e, non ultima, la sua enorme capacità fotografica. Come esiste un’anatomia comparata, dalla quale si giunge ad una comprensione della natura e della storia degli organi, così questo fotografo ha fatto fotografia comparata, conquistandosi un punto di vista scientifico al di sopra della fotografia particolareggiata”. Sempre Döblin legge le immagini di Sander come specchio di cambiamenti sociali e della differenze generazionali, di come i giovani stiano cambiando velocemente, una sorta di specchio che mette in evidenza le tensioni sociali tra le varie classi e generazioni. Esso vuole essere una storia della Germania in transizione narrata attraverso i ritratti, che diventano documento sociale.

August Sander

La struttura sulla quale basa il suo lavoro è quella di dare una dimensione culturale e sociale della vita reale. Per fare ciò realizza una serie di ritratti organizzati secondo un “arco sociologico” che comincia con i contadini, segue con gli studenti, gli artisti, uomini di Governo per poi ridiscendere attraverso gli operai sino ai disoccupati e gli idioti. Le sue immagini, sia individualmente che come aggregato mostrano una dimensione ironica che rispecchia i ruoli delle gerarchie sociali stratificate della Germania degli anni ‘20. Ogni immagine sembra permeata da una sorta di mistero che sta alla spettatore svelare. Sander aiuta dando qualche indizio: nome, cognome, professione, luogo e data. Il resto viene lasciato alla perspicacia o alla fantasia del “lettore” che, attraverso i dettagli (una camicia stazzonata, il nodo delle scarpe) deve risolvere l’enigma relativo alla personalità del soggetto. Nelle fotografie di gruppo le caratteristiche che differenziano i vari soggetti sono ancora più apparenti, al punto di ottenere un contrasto psicologico talmente marcato da permettere la chiara distinzione fra le differenti psicologie dei soggetti, la loro vita e forse i loro destini. L’uomo del XX Secolo non verrà mai pubblicato e nel 1934 il Ministero della Cultura Tedesca bandisce “Il volto del tempo” ritirandone dal commercio le copie esistenti e distruggendole, in quanto il libro viene considerato sovversivo, poiché le fisionomiche riportate fuoriescono dalla mitologia ufficiale del regime. A causa delle pressioni naziste Sander è costretto ad abbandonare il suo progetto e a dedicarsi ad una serie di libri generali “Terra di Germania, Gente di Germania” (di cui ne vengono pubblicati cinque) ed alla fotografia industriale. Sopravvive alla IIa Guerra Mondiale, ma nel 1946, a causa di un incendio, parte del suo archivio fotografico (circa 40.000 negativi) vengono distrutti. L’opera di Sander viene riscoperta e ripubblicata e lui assurge ad artista di riconosciuta rinomanza mondiale. L’altro fotografo che opera con gli obiettivi di Sander, è Jean Eugène Auguste Atget (1857-1927). L’opera di Atget non è il risultato di una precisa “pianificazione”, come quella di Sander, bensì di una casualità o, ancor meglio di una particolare sensibilità dell’artista. Questa è uno dei motivi per i quali i critici si trovano tuttora in disaccordo su ciò che egli ha fatto e sull’importanza che la sua opera riveste. Atget nasce in Francia vicino a Bordeaux. Rimasto orfano, viene allevato da uno zio e diventa prima mozzo, poi marinaio, attore con ruoli di secondaria importanza, pittore senza successo ed, infine, all’età di 40 anni fotografo. Usa un vecchio apparecchio 18×24 a soffietto a lenti rettilineari, un cavalletto di legno ed alcuni porta-lastre. Stampa le sue foto alla luce del sole su carta Aristo e le vira con il cloruro d’oro. Apre un piccolo commercio “Documents pour Artistes” dove vende le sue immagini a scenografi, architetti d’interni, artisti come Braque, Derain e Utrillo, nonché a enti pubblici come la Bibliothèque Nationale, la Bibliothèque de la Ville de Paris, le Musée des Arts Décoratifs. In una lettera del 1920 a Paul Léon, direttore del Museo delle Belle Arti e Museo dei Monumenti Storici di Parigi, riassume così il suo operato: “Negli ultimi 20 anni, attraverso il mio lavoro, su mia iniziativa personale, ho collezionato documenti artistici riguardanti architetture dal XVI al XIX secolo in tutte le vecchie strade della antica Parigi. Si Foto di August Sander 29 tratta di lastre fotografiche di formato 18×24: vecchi alberghi, case storiche e peculiari, facciate pregevoli e porte, pannelli, battagli, vecchie fontane, scale antiche (legno e ferro battuto) ed interni di tutte le chiese di Parigi (vedute generali e dettagli), incluse Notre-Dame, St Gervais et Protais, St Severin, St Julien-le-Pauvre, St Étienne-duMont, St. Nicholas-du-Chardonnet, ecc. Questa collezione artistica e documentaria è ora completa ed io posso sicuramente affermare di possedere tutta la vecchia Parigi”. Nelle lettere seguenti Atget discute i termini ed i prezzi, specificando che il suo lavoro completo si divide in due parti: Arti nella Vecchia Parigi che comprende 1053 immagini e Parigi Pittoresca di 1568 immagini. Aggiunge inoltre che sta lavorando su due nuovi progetti Arti e Mestieri nella Vecchia Parigi e Arte nei Distretti vicino a Parigi: Seine, Seine-et-Oise, Seine-et-Marne. Le immagini di Atget abbracciano l’autentica cultura francese, così come la natura ed alcuni tipi di lavori, che la tecnologia moderna sta distruggendo. Avido lettore di letteratura francese dell’Ottocento fotografando egli cerca di ricreare le atmosfere della Parigi che fu, riprendendo monumenti ed aree prossime alla demolizione secondo il piano di rinnovamento urbano.

Eugène Atget - Street Musicians - 1898–99

La maggior parte delle sue fotografie sono scattate presto la mattina, sia per non avere eventuali elementi di disturbo, sia per la particolarità della luce che si ha in quel periodo del giorno. Il suo è un tipo di fotografia ottocentesca, mai istantanea, anche se in sé contiene connotazioni di carattere surrealista, in quanto egli riesce a cogliere il momento in cui la materia “ritorna” alla vita per guardare con interesse alla vita attorno a sé. Nel 1926 Man Ray, suo vicino, pubblica senza credito alcune sue foto sulla rivista “La Révolution Surréaliste”. Atget non ha alcun interesse per la fotografia artistica, quella che si stava consolidando per canoni, al contrario invita il lettore ad analizzare la realtà e non a sognare. Di particolare importanza è la lettura del lavoro di Atget da parte di Walter Benjamin nella sua “Piccola Storia della Fotografia” dove afferma che “Atget è stato il primo a disinfettare l’atmosfera stantia che la ritrattistica del periodo di decadenza aveva diffuso. Egli pulisce questa atmosfera, anzi la disinfetta: introduce quella liberazione dell’oggetto dalla sua aura che costituisce il merito più indiscutibile della più recente scuola fotografica. …Tutti questi luoghi non sono solitari, bensì privi di animazione; in queste immagini la città è deserta come un appartamento che non ha ancora trovato inquilini nuovi. … Non a caso certe lastre di Atget sono state comparate alle fotografie del luogo di un delitto.” (1931) Sempre nel 1931, Ansel Adams, ammiratore di Atget, scrive “Lo charme di Atget non è la maestria delle lastre e stampe del suo tempo, nemmeno nella bizzarria del costume, architettura ed umanità che le sue immagini rivelano, ma nel suo imparziale ed intimistico punto di vista … Il suo lavoro è una semplice rivelazione dei più semplici aspetti di ciò che lo circonda. Non c’è un motivo simbolico superimposto, nessuna applicazione torturata di design, nessun secondo fine intellettuale. Le stampe di Atget sono registrazioni dirette ed emozionalmente pulite di una rara e sottile percezione e forse rappresentano la prima espressione della vera arte fotografica” Il corpus del lavoro di Atget rimane comunque sconosciuto; egli vende le sue immagini allo stesso prezzo delle comuni cartoline colorate a mano e conduce una vita oscura e grama. Nel 1925 Berenice Abbot, fotografa americana allieva di Man Ray, impressionata dalla sua opera, comincia un lavoro di “recupero” della stessa, proponendosi di salvare i suoi negativi e le sue stampe dall’oblio. Alla morte di Atget riuscirà, infatti, ad acquisire tutto l’archivio, che ora si trova al Museo di Arte Moderna di New York e che gli ha dedicato diverse retrospettive rendendogli quella fama che non gli era stata riconosciuta da vivo. Di lui la Abbot scriverà “Egli sarà ricordato come uno storico urbanista, un romantico genuino, un amante di Parigi, un Balzac della macchina fotografica, dal cui lavoro si possa tessere un enorme arazzo della civiltà francese”.

Eugene Atget